La Passione secondo Thérèse - Brano sul sentimento dell'amore e sulla passione estratto dal romanzo omonimo di Daniel Pennac e, qui, proposto con illustrazioni dell'artista digitale Adam Martinakis.
Si era messa a preferire l'amore al cielo, cinque minuti con quell'uomo all'eternità dei cieli. Thérèse era disposta a sfidare gli astri per quella nuova certezza. Era facile, bastava non crederci più.
"Vuoi sapere cosa mi ha subito commosso di Marie-Colbert"?
Il suo titolo. No, aspetta, non il suo titolo: il modo in cui Marie-Colbert annunciava il suo titolo. Consigliere referendario di primo livello.
...
Il tecnocrate e l'indovina... quei due disperati... ecco cosa l'aveva commossa.
L'aveva ascoltato, gli aveva risposto, aveva accettato di rivederlo, aveva sorriso dentro di sé al suo gergo da grandi scuole, le si era stretto il cuore al racconto dell'orrendo lignaggio, "non mi ha nascosto nulla delle nefandezze della sua famiglia, anzi", al punto che lei aveva deciso all'istante di dargli un figlio, per rinnovare il sangue una buona volta, aveva adorato l'idea di quel matrimonio, aveva trovato le giustificazioni più ideali - che bella coppia, questi contrabbandieri dell'intervento umanitario! - ma la verità vera è che in tutto quel tempo, in tutte quelle parole, aveva pensato a una cosa sola: il momento in cui avrebbe spogliato Marie-Colbert, in cui avrebbe immerso quel corpo gigantesco in un bagno ben caldo, in cui l'avrebbe massaggiato lentamente, avrebbe ammorbidito quell'esistenza, avrebbe restituito quell'uomo a se stesso.
Era stata la sua prima emozione. L'acqua di quel bagno la faceva fremere. Le pareva che la sua stessa rigidità vi si sarebbe sciolta, che quel calore sarebbe diventato il suo calore, e solo allora l'amore sarebbe stato possibile...
"Solo che, come ben sai, le cose non sono andate esattamente così."
Forse per via di quel dettaglio: c'erano due bagni nella loro suite della Bahnhofstrasse.
"Come affrontare l'amore dopo quella separazione?"
Quando si era infilato sotto le lenzuola, Marie-Colbert aveva assolto il dovere coniugale come si adempie un contratto. Senza eccessiva partecipazione. Preservativo. Lei non era riuscita a strappargli una parola dopo l'incontro con Altmayer per le firme. Né una parola né una carezza. Quanto al bagno caldo, l'aveva fatto da sola. Dopo. Per placare quel bruciore asciutto al centro del proprio corpo. E, quando l'acqua si era completamente raffreddata intorno a lei, un blocco di ghiaccio e vergogna aveva preso il treno del ritorno.
"No, Benjamin, non stare a consolarmi. Ascolta piuttosto il seguito. Dunque sono in piedi davanti alla roulotte, a rifiutare di farmi commiserare, per l'appunto."
Dove andare? Chi cercare? Louna? Louna è la soluzione. Per poco che Laurent sia a zonzo sia a zonzo, il magone di Louna la distrarrà dal suo: da inconsolabile Thérèse diventerà consolatrice. La vita riprenderà il proprio corso, insomma. Ma no, Thérèse ce l'ha con il mondo intero. Con se stessa, per cominciare. Con la sua ridicolaggine. La storia del bagno, per esempio, che idiozia! Mesi interi a sognare quel bagno quando oggi è tutto il suo corpo a dirglielo: i bagni non giovano affatto all'amore. In amore, l'acqua inaridisce. È un dato di fatto. Giovani che amate, non lavatevi. Prendetevi nel calore del desiderio che si scioglie. Lasciate perdere i preliminari del bagno. Non lavatevi neanche dopo, peraltro. Tenetevelo per voi il più a lungo possibile.
...
Adesso cosa farà. Sa dove andare? Rotta su Marie-Colbert! Non trovandola al risveglio, sarà rimpatriato anche lui. Perché non si è fatto vivo? Perché non l'ha chiamata? Perché non è venuto? Non sa che la fuga di una donna è sempre un messaggio? Perché non le ha risposto? Ma a farsi troppe domande ci si espone alle risposte. Perché non valgo niente, ecco perché! Perché sono la regina delle sceme! perché ho desiderato un bagno invece di un uomo, ecco perché! Perché quando si è infilato nel nostro letto ero muta e fredda come una pietra tombale, ecco perché! Perché ho letto troppo La donna, medico del focolare e ho affrontato la contesa dell'amore come una zurighese d'anteguerra! Perché lui non era più sveglio di me e io non sono stata nemmeno capace di aiutarlo! Eppure lo amavo, lo amavo! Lo amavo e lo amo ancora! Lo amo e corro da lui! Corro da lui e stavolta lo prendo! Bando all'orgoglio e niente più ritegno! La diga è crollata! Schizzo da lui!
Adesso non è più nella metropolitana. Corre davvero verso il numero 60 di rue Quincampoix. Lo prendo, mi offro, strappo noi dal nostro passato, alle nostre famiglie, ai nostri terrori, do la parola ai nostri corpi, li confondo una buona volta, tuffo noi stessi in una notte d'amore come l'amore non ne ha mai conosciute! Nessun bagno! Nessuna esitazione! Nessun farfugliamento! Nel vivo della questione! L'invenzione! Ho tutto da inventare! Inventare tutto e fare un piccolo Roberval! Migliorare la stirpe una volta per tutte!
Era esattamente questo, Benjamin! Ho fatto le sue scale di corsa e, vuoi che te lo dica?, era come se mi tuffassi nell'amore!".
Silenzio in camera nostra. Julie, Théo, Hervé, silenziosi.
E quindi io.
E Thérèse senza fiato.
Come se il ricordo di quella notte bastasse ancora a toglierle il fiato.
Thérèse innamorata.
Le brillavano gli occhi, le sue mani stritolavano le mie.
Allora è così?
Thérèse de Roberval aveva semplicemente fatto l'amore con il proprio marito, quella notte...
Un marito che le aveva mandato un killer...
L'amore reinventato, mentre la roulotte andava a fuoco...
O Titus... O Silistri... sì... ecco... ci sono... vi capisco... certo.
Silenziosi, quindi.
Immobilità e silenzio.
L'amore reinventato... Poi Thérèse raggiante sulla strada di casa mentre le assassinano il marito ritrovato.
...
Finché la voce di Thérèse non riprende, in tono bassissimo:
"Vuoi il seguito, Benjamin?".
Al punto in cui eravamo...
"Be', anche qui le cose non sono andate esattamente come avevo previsto."
No?
No.
Lui la aspettava in cima alle scale.
"Sai cosa mi ha detto?"
Lei salì, smagliante, l'ultima rampa di scale. Passata la curva del pianerottolo, lo vede, lassù, in piedi nel suo completo, immobile. È pallido, un poco, ed è in calzini. Chissà perché, è la prima cosa che la colpisce. Non il pallore, i calzini. Continua a non intendersene in fatto di amore, ma intuisce che certi calzini hanno la meglio sul desiderio ancor più del bagno più freddo. Dunque lui se ne sta lassù, impettito nei suoi calzini. Non sorride. Non spalanca le braccia. Non l'accoglie. Nota solo la sporta di plastica a quadri bianchi e azzurri e chiede:
"Emigra?".
Una tale ironia nella voce... Tutto quello che si scioglieva in lei si fossilizza. Così in fretta che crede il suo cuore imprigionato dai ghiacci. Uno di quei colpi per cui si muore.
"Cosa viene a fare qui?"
A rispondere è una mezza morta. che si scusa. Che vuole spiegare la sua partenza da Zurigo. Quella fuga. lui la interrompe.
"Non è una fuga, Thérèse. È un insulto."
Niente affatto, era solo panico. Disperazione. Lei si scusa. È tornata. Eccola. eccomi. È lì. Sono qui. Oppone un tu ardente al lei glaciale. tutto è ancora possibile.
"È troppo tardi."
Lui le volta le spalle, entra in casa, richiude la porta che lei trattiene, supplichevole. Esita, alza le spalle, la lascia entrare. Vicino alla porta, lei scorge le due valigie con gli angoli di metallo date loro da Altmayer, il cappotto di Marie-Colbert in attesa sullo schienale della poltrona, le scarpe che si accingeva a mettersi quando lei ha suonato e che adesso si allaccia con applicazione. parlandole di Madame Bovary. Sì, dissertando su Emma Bovary. Spiegando a Thérèse che lei è una specie di Bovary. Aggiunge:
"Senza le curve".
Poi sorride.
"Non crede più agli astri, Thérèse?"
La domanda la prende alla sprovvista.
"Né ai tarocchi?"
Si è allacciato l'altra scarpa.
"Eppure dovrebbe farsi fare le carte."
Rialza la testa, le mani sulle ginocchia.
"Le annuncerebbero l'inevitabile altra donna."
Come?
"Mia cognata. La vedova di Charles-Henri."
Aggiunge:
"Mi riprendo subito, quando vengo lasciato".
Lei vuole protestare. Vuole dirgli che non l'ha lasciato. Lui glielo impedisce, pronunciando la frase più lunga di tutto l'incontro.
"Non è così grave, Thérèse. eravamo un errore, lei e io. Non soltanto i Roberval non dovrebbero fare dei cattivi matrimoni, ma dovrebbero sposarsi solo in famiglia."
Allacciate le scarpe, eccolo in piedi. Si dirige verso il cappotto.
"È quel che farò. Appena avremo divorziato."
Tira fuori una busta dalla tasca interna.
"Con mia cognata, la vedova di Charles-Henri."
Mostra un biglietto d'aereo. Conclude:
"Adesso, mi scusi, ero in partenza. Devo andare da lei".
O, dio santo, Thérèse...
"Non dire niente, Benjamin. Ancora una volta, non voglio essere consolata."
E me lo dimostra subito:
"Sai come si chiama, la cognata in questione?".
Con il sorriso birichino sulle labbra di chi sta per titrarne fuori una bella.
"Zibellina!"
Seguito da un attacco di allegro cinismo:
"Un nome simile lascia supporre bisogni mica male. Marie-Colbert era l'uomo che faceva per lei. Ma eccola vedova una seconda volta, poveretta".
Da questo a supporre che la suddetta Zibellina sia partita da sola con le valigie di Altmayer dopo aver gettato nel vuoto il secondo marito, c'è solo da interpretare bene lo sguardo lanciatomi da Julie. Ma perché quel cadavere in calzini, visto che per l'appunto si era appena messo le scarpe? E perché ilare, il defunto? E che ne è dell'alibi?
Thérèse mi aveva lasciato le mani. Ne aveva bisogno per denigrare le attrattive della sua rivale, "una specie di affarone cosmetico, non so se mi spiego". Le sue dita svolazzavano. Non capiva "proprio come si potesse...".
"Thérèse, cos'hai fatto nel resto della notte?"
Si fermò, a bocca aperta. Si diede una pacca sulla coscia. "Caspita, la faccenda dell'alibi! Me l'ero completamente dimenticata."
Ecco, pensai, pigliami per il culo. Ma non la mando mica giù, io.
"L'alibi, l'alibi," canticchiò... "Secondo te, Benjamin, dove posso essere andata uscendo da casa di Marie-Colbert?"
...
Daniel Pennac, La passione secondo Thérèse.
Edizione Feltrinelli, 1999.
Comments