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Immagine del redattoreAntonella Sportelli

Il Romanticismo, la Malinconia e la nuova Spazialità - Storia dell'Arte

Aggiornamento: 15 set 2023


Il Romanticismo e il tema della Malinconia e della Spazialità analizzati attraverso G. Briganti e la nuova coscienza dell'io - Lezione di Storia dell'Arte della Prof.ssa Bentini del 20/02/1997 - Accademia di Belle Arti di Bologna.


Il testo di Giuliano Briganti non tratta affatto il tema della malinconia, anche se l'idea portante del suo libro è proprio la nuova coscienza dell'io analizzata attraverso artisti visionari e folli (Goya, Füssli, Blake), cerca, piuttosto, di seguire quest'idea anche attraverso nuovi miti e nuovi simboli (Friedrich). Briganti non prende in esame neppure gli artisti inglesi (Turner, Constable, etc.) perché, pur essendo questi grandi protagonisti romantici, a lui non interessa la nuova coscienza della natura; discorso che porterà avanti Francesco Arcangeli.



A questo punto chiudiamo il discorso sulla Melanconia sottolineando gli aspetti da tenere ben presenti perché niente affatto secondari. Il tema percorre tutto l'immaginario del nostro Occidente e costituisce una parte importante della coscienza della modernità che si spalanca in età romantica e che è discorso con cui tuttora noi facciamo i conti.


L'immagine di De Chirico, Malinconia Ermetica, del 1919, mostra un po' alcuni di questi frammenti legati al tema della malinconia. Intanto la tristezza che non è semplicemente uno stato d'animo, ma una contemplazione di sé e del mondo che, appunto, de Chirico definisce melanconia ermetica non solo perché Ermes è il dio che custodisce questo sentimento (ed è il frammento della statua classica), ma ermetico anche perché ha a che fare con un enigma, con un ignoto, con l'inconoscibile che è la nostra coscienza nel mondo.


Questo senso dell'ignoto, di qualcosa che non conosciamo e che è inafferrabile, già era presente nel disegno di Friedrich Melencolia, tradotta poi in incisione dal fratello. Qui c'è un singolare cambiamento rispetto all'immagine chiave, quella che ha generato poi tutte le altre immagini della malinconia che è l'immagine di Dürer del 1514, dove la malinconia si unisce alla coscienza di sé che ha l'artista (quindi, l'artista è un melanconico, è un nato sotto Saturno e prova questo stato d'animo, questa coscienza di sé che è coscienza del proprio genio, ma anche coscienza dell'inarrivabilità del compito a cui è chiamato, per cui, paradossalmente, essere genio vuol dire lasciare a terra tutti i propri strumenti e fermarsi a contemplare).


Quello che invece Friedrich (tedesco) fa in questa immagine, che iconograficamente si riconnette moltissimo a Dürer, è non presentare tanto gli strumenti di un'attività artistica quanto inserire la figura in una selva naturalistica anche aggressiva. La figura femminile non ha le sopracciglia aggrottate, l'espressione cupa, tesa, depressa della rappresentazione di Dürer, ma getta lo sguardo in un punto ignoto dell'orizzonte che noi non vediamo e, peraltro, non vediamo neanche gli occhi di questa figura. Lo sguardo è proteso verso un punto inafferrabile, inarrivabile che neanche la mente può catturare.


Ricordiamo che tutto il Romanticismo tedesco vive di questa idea di Sehnsucht: del male del desiderio, di questa sofferenza per qualcosa che non c'é (forse), che è inarrivabile, che pure si desidera alla follia. Struggimento, male, sofferenza interiore così intensa da sembrare fisica, per via l'inarrivabilità.

Tutto ciò crea uno spazio interiore nuovo, tipico del mondo romantico, che non è soltanto il senso del sublime, del terrore, della paura, della dismisura, è anche quest'abisso dentro che porta alla inarrivabilità del proprio desiderio.


Analizzando le opere di Friedrich abbiamo visto che questa nuova coscienza dell'io che passa attraverso il sentiero della Melanconia, ha molto a che fare col senso di fine, con lo struggimento per la coscienza, di corrosione della tragedia, nel senso della "rovina" che pure passa attraverso il 700 e il Roccocò: ricordiamo Watteau, in cui la maschera vestita di bianco, come una specie di Pierrot, guarda con un occhio perso nel vuoto, colmo di immensa tristezza a anche questa è Melencolia.


Nell'Abbazia del querceto, 1809-1810, di Friedrich, la natura viene posta dentro un senso di morte. L'inverno, l'alba gelida e la rovina di questa chiesa gotica dove si compie questo rito funebre che, però, sparisce nel senso più generale di fine che riempie questa immagine.


Caspar David Friedrich, Abbazia nel querceto
Caspar David Friedrich - Abbazia nel querceto

Tale opera venne esposta insieme al Monaco in riva al mare, 1808-1810, come se si trattasse di un dittico, analizzato più volte per indicare questa polarità nuova tra io e mondo di cui è fatto l'immaginario romantico e che qui Friedrich condensa come in un grande manifesto. L'uomo che contempla l'immensità dell'universo, l'immensità inarrivabile della natura che sembra far sparire tutto; ma ancora c'è, ed è una figura colta di spalle, una presenza umana di cui non vediamo il volto, è una figura di fronte ad un ignoto inarrivabile.


Caspar David Friedrich - Monaco in riva la mare
Caspar David Friedrich - Monaco in riva la mare

Melanconia, quindi, nuova coscienza dell'io che non si traduce solo nell'iconografia che nasce da Dürer, a cui pure tanti artisti si ricollegano: Van Gogh, Munch e lo stesso Sironi. Friedrich conia una nuova iconografia della malinconia soprattutto in questo tema della figura di spalle che non è il genio depresso pensato da Dürer, ma è l'uomo che guarda l'immensità inarrivabile. Questa nuova iconografia viene poi ripresa con iconografia dell'io melanconico (Arnold Böcklin, Ulisse e Calipso) in questo tema alla scoperta dell'ignoto e di una contemplazione dell'ignoto verso il quale però non si sta andando, ma che è semplicemente uno spazio dentro di sé, dentro il proprio io. Lo stesso de Chirico riprende Böcklin che riprende Friedrich nell'Enigma dell'oracolo del 1910 che fu una delle sue opere metafisiche.


Il nostro secolo ha ancora a che fare con tutto questo. Il nostro immaginario ha stampato come prototipo della melanconia, forse più che l'immagine di Dürer, proprio questa figura quasi racchiusa in se stessa con la testa china che probabilmente spinge gli occhi verso un mare che tuttavia non vediamo. È una figura cupa, scura, proiettata verso l'infinito che comunque rimane come inconciliabile. Qual è il colore di questa nuova coscienza di sé che è la melanconia nel Romanticismo? È ancora quel nero che viene associato alla melanconia?


Ora blu, 1890, di Max Klinger. L'artista dichiara di aver voluto esprimere il sogno melanconico di chi contempla la sera, ovvero la fina, il buio, la notte insieme ad altri stati d'animo. C'è una figura che insegue un proprio sogno, un'altra figura femminile che fissa la bellezza e l'incandescenza del fuoco che non vediamo, perché è dietro la figura di spalle, che sembra avere lo sguardo perso dentro sé stessa. L'Ora blu allude all'ora del crepuscolo, all'ora della notte che sta arrivando.

Qui si sta raccogliendo una nuova riflessione sul colore come espressione di uno stato d'animo che già il Romanticismo letterario andava indagando. Il blu è l'equivalente, quasi il correlativo oggettivo, dell'inafferrabilità del proprio io che la melanconia porta con sé. Il blu è il tono dominante dell'opera di Klinger anche se interrotto dall'incandescenza del fuoco. Klinger annega l'immagine nel blu. Blu, allora, come colore nuovo che la modernità associa alla malinconia? Forse sì.


Ora blu, 1890, di Max Klinger
Ora blu - Max Klinger

Ricordiamo il Cavaliere azzurro, il gruppo che Kandinskij (Kandinsky) forma nel 1911 e dipinto dal medesimo nome, imperniato su questa complessità spirituale del blu, dell'azzurro. Kandinsky, nella Montagna azzurra, sente l'azzurro come l'apice della spiritualità moderna. Il blu denota questa inafferrabilità del cuore, oltre ad essere il colore più anti-naturalista che esista.


Il Cavaliere azzurro - La Montagna azzurra - Kandinsky
Il Cavaliere azzurro - La Montagna azzurra - Kandinsky


Il vecchio ebreo (1903) di Picasso, noto anche come Vecchio cieco con ragazzo. Qui Picasso si concentra sul blu, nel cosiddetto Periodo Blu, e mette in scena personaggi incredibilmente inquietanti ed in uno stato d'animo di tristezza e di malinconia. Il vecchio ebreo è un personaggio ai margini della società, come, del resto, tutti i personaggi di Picasso in questo Periodo Blu, insieme ad un ragazzo.

L'inclinazione fortemente espressionistica dell'artista si concentra sull'azzurro che è lo spunto cruciale, il canale essenziale, attraverso cui passa la colorazione del sentimento di cui l'opera è piena.


Picasso_Vecchio_cieco_e_ragazzo_1903
Il Vecchio Ebreo - Picasso


Monocromo blu (1957) di Yves Klain. In Kline in blu costituisce il colore delle sue antropometrie e dei suoi monocromi. Non avviene una semplice sottrazione dell'elemento naturalistico attraverso il blu, ma è anche un annegamento in una dimensione psichica che forse ha ancora a che fare con la malinconia. Ricordiamo anche il film di Derek Jarman, Blue: una sequenza blu di circa 30 minuti.


Altro polo conduttore del nostro discorso è la "nuova coscienza dell'io che passa attraverso la natura" e, quindi, "nuovo sentimento della natura" indagato da Francesco Arcangeli. Il nuovo sentimento della natura porta con sé una nuova idea di spazializzazione e come area di principale sviluppo ha l'Inghilterra. Lo spazio romantico è uno spazio inedito, è uno spazio che non ha precedenti, è uno spazio che apre alle superfici di Pollock.


Tramonto (1825-27), acquerello di Turner. Il capitolo degli acquerelli di Turner è sconvolgentemente nuovo. Sono acquerelli in qualche caso fatti dal vero, come questo, deve però il dato del vero sembra dissolversi. Questo tramonto, in realtà, è diventato una macchia di luce e la stessa liquidità dell'acquerello fa perdere ogni rapporto spaziale inteso come alto, basso, profondità; in uno spazio ormai senza coordinate, senza confini, uno spazio in cui noi quasi ci perdiamo.


William Turner - Tramonto - Acquerello
William Turner - Tramonto - Acquerello


Kennet Klarck ed altri critici non possono non sottolineare la novità, quasi senza precedenti, di questo Vapore al largo di Turner (un possibile precedente è indicabile nel paesaggio cosmografico di Altdorfer). Qui, il moto, è quasi gestuale nella nebbia, nel vapore e nel mare. Col bianco l'artista cerca di creare un vortice dove convoglia il nostro sguardo e dove ci si perde, quasi risucchiati. L'inedito sta nello spazio, nell'infinità, nell'assenza di confini percepibili.


Arcangeli punta molto l'accento anche su Constable (più o meno, coetaneo di Turner) che si muove su un binario diverso, ma sempre sul tema dell'inedito spazio.

Nello schizzo ad olio Doppio arcobaleno (criticato da Arcangeli perché Constable si fa prendere un po' la mano dall'idea dell'insolito), del 28 luglio 1812, Constable ha voluto, con grande rapidità di occhio e di mano, trascrivere un'emozione avuta di fronte alla natura. Questo sentimento della natura, questo spazio, non ha nulla di eccezionale, se non il doppio arcobaleno. L'autore vuole portare ai nostri occhi la semplicità della presenza naturale, una presenza comune, quotidiana, di una natura viva e vera. È questa la novità di Constable. Anche ne La valle di Dedham, ci colpisce l'anonimità dell'immagine nella quiete tipica inglese.

A partire dal 1802, Constable si dedicò ad un nuovo tipo di paesaggio basato sull'osservazione diretta della natura, creato in maniera quanto più possibile indipendente dalla tradizione degli antichi maestri o dalle convenzioni artistiche più recenti quali il Sublime e il Pittoresco. Riuscì solo parzialmente a raggiungere questi obiettivi. La sua crescente insistenza, col passare degli anni, sulla legittimità dello status del paesaggio, lo portò a modificare i suoi ideali naturalistici.


A proposito di questo spazio inedito senza modelli precedenti, Anna Ottaviani Cavina, presenta un'opera di un pittore inglese del 700, poco famoso, Thomas Johns, e il suo Balcone a Napoli, del 1780-82, per sottolineare in modo diverso ciò che già Arcangeli individua, cioè l'importanza dell'Inghilterra in questa nuova concezione dello spazio ed il rapporto tra questa novità e la tradizione pittorica inglese. È importante qui la semplicità visiva data dalla mancanza di peso della tradizione pittorica inglese che porta a guardare la natura con "occhi innocenti". Johns non rappresenta la Napoli pittoresca nel suo disordina urbano o il Sublime delle eruzioni del Vesuvio, come molti altri pittori andavano facendo. Il suo dipinto è semplice, elementare nella geometricità delle forme (Mondrian), è un paesaggio come una stanza di sentimenti.


Thomas Johns, Balcone a Napoli 1780-82
Thomas Johns - Balcone a Napoli

Un'interpretazione simile non si poteva avere da pittori italiani o francesi per le influenze della tradizione pittorica tipica di questi paesi. La semplicità, tuttavia, è solo apparente, come l'innocenza percettiva. C'è la capacità di ritrovare la misura spaziale del paesaggio classico negli scorci prosaici e marginali della città lungo un cammino anti-teatrale e anti-eroico che porta direttamente a Corot, c'è empatia ed intimità con il mondo, un'empatia che non si può etichettare e che forse è insensato definire romantica, ma che è altra cosa da quel rapporto regolato dal desiderio di conoscenza e di dominio razionale del cosmo che aveva retto fino ad allora in pittura.


Definire l'occhio di questo artista innocenza percettiva, come se il mondo inglese non avesse un background, cioè una prima tradizione che pesasse sull'occhio degli artisti è insensato e inesatto. In realtà, una certa tradizione è ben nota: il problema è come viene superata e come viene manipolata.

In effetti parlare di novità dello spazio Romantico senza sapere cosa c'era prima può creare un certo buco, quindi, quello che noi faremo è vedere quali sono le tradizioni di paesaggio precedenti a questa grande novità di "spazio romantico" con cui Turner e Constable fanno i conti.


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