Riflessioni sull'uso della fotografia artistica all'interno delle metropoli contemporanee. Lo sguardo incrociato dell'antropologia urbana e dell'arte.
La condizione di tempo accelerato che subiamo all'interno delle metropoli, il costante evolversi di questa in una moltitudine di edifici che si allargano a macchia d'olio e che, contemporaneamente, scompaiono per essere successivamente rimpiazzati, l'impressione della vastità e inconoscibilità delle città a causa della loro estensione e, in poche parole, l'idea di continuo mutamento della realtà che la rende immediatamente obsoleta, ci fa pensare inizialmente alla fotografia come portentoso mezzo per catturare l'istante ed archiviarlo.
Se, all'interno delle metropoli, da un lato esiste un processo di accelerazione, crescita e distruzione delle cose che ci fa intendere lo scorrere del tempo che rende tutto, subito, vecchio, dall'altro lato fotografare ha una ulteriore duplice possibilità: salvare un'impronta di realtà e contemporaneamente imprimerle un "è stato" (Barthes, La camera chiara), un tempo verbale passato, contribuendo, paradossalmente, ad accelerare il processo di invecchiamento.
La fotografia "funziona", in questo caso, come una memoria visiva artificiale atta ad integrare la nostra percezione del mondo. Un mondo nel quale esiste una sorta di consumismo che riguarda anche i luoghi delle grandi città, come accennato brevemente sopra: un farsi e disfarsi di palazzi, strade, piazze e attività commerciali e culturali.
Considerando, allora, il consumismo dilagante, tornano alla mente le parole di Susan Sontag: "L'ultima ragione del bisogno di fotografare tutto è nella logica stessa dei consumi... ... Man mano che facciamo e consumiamo immagini, abbiamo bisogno di altre immagini e di altre ancora." (Sontag, Sulla fotografia)
Nella vertigine del consumismo, dell'accelerazione e dell'attraversamento di spazi che caratterizzano l'abitare in città, tutto appare come vivibile solo al presente. Il tempo ci sfugge e l'espansione dello spazio diviene "estetica della sparizione" (Virilio, Estetica della sparizione). E allora abbiamo voglia di fermare le impressioni e le cose con lo scatto fotografico. Proprio là dove si verificano maggiormente queste condizioni, nei Nonluoghi, si porta l'attenzione degli artisti che utilizzano il mezzo fotografico per indagare le metropoli: Luisa Lambri, Alessandra Tesi, Marco Signorini, Fabio Gasparri, Gea Casolaro, Francesco Bernardi, tanto per citarne alcuni.
Nei prossimi articoli vedremo, attraverso il loro occhi, i Nonluoghi della surmodernità ed i cambiamenti del paesaggio urbano. Rifletteremo su come gli artisti e noi tutti ci poniamo di fronte ad essi, come li viviamo ed utilizziamo. E tuttavia, dalle brevi riflessioni proposte sopra, si può già individuare il rapporto realtà-immagine fotografica come nucleo, da dipanare via via, attraverso il quale esplorare la società ed i centri urbani da un punto di vista diverso. Nei prossimi articoli, inoltre, cercheremo di chiarire cos'è la fotografia analizzando, alla luce dei contributi teorici di Roland Barthes, Rosalind Krauss, Claudio Marra, Marshall McLuhan e Susan Sontag, le specificità concettuali che questo mezzo contiene e permette, nella convinzione che tali delucidazioni possano essere utili ai fini della nostra indagine sulle città e sulla contemporaneità.
Accademia di Belle Arti di Bologna.
Tesi: Nonluoghi - Arte e spazio urbano.
Autore: Antonella Sportelli.
Anno accademico: 1998-99.
Corso: Antropologia urbana di indirizzo estetico.
Relatore: Roberto Daolio.
Bibliografia:
- Marc Augé, Un etnologo nel metrò (1986), trad. it. Elèuthera, Milano, 1992.
- Marc Augé, Nonluoghi (1992), trad. it. Elèuthera, Milano, 1993.
- Roland Barther, La camera chiara (1980), trad. it. Einaudi, Torino, 1980.
- Walter Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica (1955), trad it. Einaudi, Torino, 1966.
- Susan Sontag, Sulla fotografia, Tornino, Einaudi, 1992.
- Paul Virilio, Estetica della sparizione (1980), trad. it. Liguori editore, 1992.
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